sabato 25 aprile 2009

A proposito di “sondaggio” sul dopo Expo

  1. Non ho niente contro i sondaggi. Ma il sondaggio come forma di consultazione delle scelte di governo, oltre ad alludere ad un potere concentrato nelle mani di un sol uomo, rischia di darci un'idea assai distorta delle aspettative di Milano dall'Expo. Eppoi, cosa si “vota”? Stando alle anticipazioni dei giornali (vedi in proposito anticipazioni de Il Giornale) si dovrà scegliere tra nuovo ortomercato, nuovo tribunale o cittadella dell'innovazione. Ultimo tema, come alla maturità, quello libero. Non saprei cosa votare. Non riesco ad immaginarmi una città senza frutta e verdura, così come senza giustizia. E un voto raccolto così non sarà di grande utilità per il decisore.
  2. Cosa fare allora? Una consultazione vera, anche con sondaggi, ma ponendo domande diverse alle professioni, alle categorie economiche, alle forze sociali, ai rappresentanti istituzionali e anche alle associazioni. Un centinaio di associazioni e di ONG di cooperazione stanno in questi giorni chiedendo al Commissario, al Sindaco di Milano e ai Presidenti di Provincia e di regione di insediare la “Casa delle Associazioni” e il “Centro per lo sviluppo sostenibile” di cui hanno in animo di far parte (vedi qui).
  3. Ma prendiamo per buona la proposta di una consultazione e cerchiamo di dire la nostra. Primo suggerimento: prendetevi il tempo di consultare davvero e di raccogliere buone idee sul da farsi. Si è perso un anno, ora non si può decidere in una settimana. Sì, ci vuole il tempo di spiegare meglio il “come” più ancora che il “cosa” metterci nel “buco” liberato dall'Expo a fine 2015. L'Expo non potrà risolvere il problemi della Milano di oggi e di domani, ma potrà contribuire ad una Milano più bella se gli interventi fatti in suo nome esemplificheranno nuovi modi di disegnarla, di costruirla e di viverla (una proposta di come lavora una consulta la trovi qui).
  4. Prendiamo ad esempio l'ipotesi di un nuovo ortomercato (ipotesi n. 1, sembra). Oggi ha tanti problemi: connessione con reti di trasporto, vive alcune ore al giorno, criminalità organizzata, mal gestito, struttura relativa recente, ma pensata male. Bene, come disegnarla perché quei problemi (ed altri ancora) non si ricreino in altre parti della città? Partiamo dal traffico e dal trasporto delle merci in ambito urbano: si può pensare ad un raccordo ferroviario (per le merci che giungono al mercato) e ad un operatore ferroviario che si organizzi in proposito? E il trasporto in città e in provincia, ai negozi e ai supermercati? Uno delle cause prime di inquinamento e di incidentalità a Milano? Altre città si sono dotate di soluzioni illuminate e più sostenibili (l'architetto Maria Berrini ha analizzato i casi di Stocolma, Amburgo, Graz). Alcuni embrioni di progetti sono allo studio anche per Milano. Alcune soluzioni, che io sappia, si sono adottate in Italia in alcune medie città e nel centro storico di Genova. Un bel tema. Che può fare da parallelo alla proposta – suggestione di Legambiente per il quartiere degli espositori, contiguo a quello dell'esposizione, di costruire il primo grande quartiere senz'auto d'Italia (vedi spot in proposito).
  5. Seconda questione: gli orari. L'ortomercato vive dall'alba sino a metà mattina. Come fare a farlo vivere anche nel pomeriggio e a sera? Nel dossier di candidatura si parla di città del gusto: un quartiere di ristorantini vive soprattutto a sera, è vero, ma in nessuna città al mondo lo troviamo in una città inventata circondata da ferrovie ed autostrade come il quartiere dell'Expo. Si deve quindi pensare ad una parte dell'area che diventa città, anche residenziale. E come potrà convivere con l'ortomercato? Si possono pensare ad altre funzioni? La formazione, lo sport, la musica, ad esempio?
  6. Non c'è dubbio che l'ortomercato ricostruito in una zona vissuta della città potrebbe aiutare a debellare la criminalità e assicurare sicurezza e legalità: ma persino il disegno del nuovo quartiere deve essere pensato per garantire la fruibilità e la sicurezza in tutte le 24 ore.
  7. I criteri di costruzione: Legambiente sta lavorando da un anno perché con l'Expo si inseriscano nella normativa e della pratica del progetto e del costruito il criterio “zero carbon, per riprendere la terminologie inglese. In Gran Bretagna infatti dal 2017 qualsiasi abitazione non dovrà più emettere (per riscaldarsi o raffrescarsi) alcun gas serra: solo efficienza energetica, solare e rinnovabili in genere. Chiediamo analoghi criteri per il quartiere degli espositori e per il dopo Expo. Vedi in proposito il progetto che stiamo realizzando con la Triennale di Milano.
  8. La compensazione ecologica preventiva. Legambiente ha proposto e sta raccogliendo firme per una legge regionale di iniziativa popolare che obblighi chiunque costruisca, oltre al rispetto degli standard, di investire ad attrezzare biodiversità (boschi), verde fruibile o verde agricolo, almeno il doppio della superficie costruita. E il tutto, prima di aprire il cantiere (vedi in proposito). E' già legge in Germania, grazie all'allora ministro Angela Merkel. Chiediamo la stessa cosa per l'Expo. Decine di milioni di euro da investire in cintura verde in e attorno Milano. Crediamo che si possano trovare volontari (ci candidiamo) e sponsor per incrementarlo anche oltre a quanto saranno obbligati i fortunati che hanno avuto, grazie all'Expo, trasformati da verde ad edificabile le loro aree.
  9. Cosa fare al posto dell'Ortomercato attuale? Stando ai giornali si parla solo di perequazione: cioè, mi costruisce l'ortomercato e in cambio avrai tante belle volumetrie sull'interessantissima area del mercato attuale. A nostro parere c'è tanto spazio, ma proprio tanto, per garantire anche e soprattutto una spina verde che dalle aree agricole del Parco Sud Milano si inserisca nel cuore della nuova città di Milano che sta sorgendo a Sud Est: i grandi quartieri e i grandi spazi non occupati dalla nuova Rogoredo, sono lì a gridare vendetta sulla leggerezza delle scelte del precedente Sindaco di Milano Gabriele Albertini.

venerdì 10 aprile 2009

10 aprile: un anno per un AD della società Expo

Ieri si è riunita l'assemblea della società di gestione dell'Expo. Una volta risolta la spinosa questione dello stipendio del nuovo amministratore delegato (si acconteterà di 300 mila euro e non di 700!), sembra tutto risolto. Sembra, perchè ancora non si sa nulla delle deleghe e di come va la capitalizzazione. Insamma, non si sa ancora quando la società sarà operativa. Ma l'accordo politico sembra fatto, torna l'armonia tra le istituzioni (salvo la Provincia, c'è la campagna elettorale) e tornano le dichiarazioni di apertura da parte del Sindaco Letizia Moratti.
Esce il mio intervento, a nome di Legambiente, sul Corriere della Sera (scaricalo qui).
Ecco le dichiarazioni all'agenzia Ansa del sindaco: "Ora che la società è diventata operativa pensiamo di far partire anche una consulta cittadina, perché è opportuno e necessario il coinvolgimento più ampio possibile sulle scelte che la società adotterà." E poi: Vediamo di fare una consultazione su quello che potrà rimanere alla città dopo Expo. Certo è che ora ci dedicheremo sempre più a costruire un percorso partecipato con tutta la città."
Ci dobbiamo credere?

lunedì 6 aprile 2009

A più di un anno dall'assegnazione dell'Expo

E' passato poco più di un anno da quando Milano e l'Italia ha conquistato l'Expo. E il ballo indecoroso sulle poltrone della società che dovrebbe governare l'investimento non è ancora finito. Anzi, assistiamo persino a qualche scadimento polemico sui compensi degli amministratori e sulle pregiudiziali personali: basti pensare a Paolo Glisenti, passato in un anno da grande regista della vittoria milanese a capro espiatorio di ogni male.
La nostra delusione non è provocata dallo scontro politico tra diverse concezioni dell'Expo. Quello che è sembrato vincente nel Dossier di candidatura e quello che si sta facendo faticosamente strada tra le ristrettezze dei bilanci di crisi oggi. Quello che il sindaco Letizia Moratti cerca di ricondurre al titolo (“nutrire il Pianeta ed energia per la vita”) e che descrive come un grande evento culturale capace di unire i popoli della terra nell'anno target delle sfide del millennio. E quello che il ministro Castelli ha esemplificato bene in una recente trasmissione televisiva, come una grande scusa per costruire grandi infrastrutture (sottinteso autostradali). E così l'Expo che doveva costare 4 miliardi (di metropolitane e un piccolo quartiere modello), oggi ne costa 14 con tre autostrade. Come se la crisi di oggi necessitasse di risposte statali come quelle degli anni Cinquanta.
Anzi, se di scontro culturale si trattasse, ci sentiremmo a nostro agio. Avremmo la nostra da dire, sapremmo da che parte stare. Se il problema fosse oggi chi rappresenta Milano e, soprattutto, cosa vuole Milano dall'Expo mentre il sindaco, ad un anno dai trionfo di Parigi, deve nominare il suo unico rappresentante nella società di gestione, avremmo molto da dire: come, ad esempio, si fa a costruire una nuova città sostenibile, culturalmente ricca e quindi solidale, accogliente e quindi orgogliosa, capace di un nuovo equilibrio territoriale con il circondario agricolo, esempio per le altre città e paesi in Italia e nel mondo. Come sta riuscendo a molte altre capitali d'Europa. Con la scusa dell'Expo si può fare tutto questo. Si può fare Milano capitale della sostenibilità ambientale.
Se invece Milano (e l'Italia) si presenterà con il cappello in mano ad un vertice di partito, per implorare qualche esponente politico a pigliarsi la “grana” Expo, per amministrare un po' di cantieri, contesi tra imprese e malavita, allora noi associazioni cosa possiamo c'entrare? Niente. E non vogliamo proprio c'entrarci niente.
Ecco perché questo è l'ultimo appello. Alla classe dirigente milanese e lombarda e al Sindaco di Milano in particolare, che ci chiese al tempo del dossier di candidatura la disponibilità ad una partnership.
Con Libera abbiamo chiesto forme di partecipazione e sensibilizzazione alla cultura della legalità e controllo delle infiltrazioni mafiose. Insieme ad altre associazioni, una trentina, ambientaliste e non, insieme alle organizzazioni non governative italiane impegnate nella cooperazione in tutto il mondo abbiamo chiesto una cosa precisa e ora pretendiamo una risposta altrettanto precisa. Abbiamo chiesto di costituire al più presto il Centro per lo sviluppo sostenibile che deve prendere il posto della torre – grattacielo nel quartiere espositivo. Abbiamo chiesto di creare subito la Casa delle associazioni che, come a Saragoza, possa divenire l'occasione di partecipazione, incontro e scambio della società civile del territorio con i popoli della terra che verranno a Milano nel 2015. Abbiamo chiesto un crescendo di appuntamenti e scambi internazionali che porti davvero l'Expo a divenire la grande assemblea dei popoli della terra in occasione del dibattito Onu sulle sfide del Millennio che si terra in quei mesi tra 6 anni. Abbiamo chiesto di ritrovare lo “spirito” dell'Expo richiamato persino dal Cardinale di Milano, Luigi Tettamanzi, per richiamare l'attenzione sugli ultimi tra i cittadini di Milano, perché anche loro in questi anni di crisi devono sentire che l'Expo può rappresentare una risposta.
Con umiltà e fermezza. Umiltà perché non saranno mai le associazioni e le ONG da sole a fare l'Expo. Ma anche con fermezza, perché in questo anno di mancate risposte e di risse si sta erodendo la fiducia. In quest'anno, tutto e tutti hanno potuto usare l'Expo per ideale o per interesse, per bieco vantaggio o per slancio generoso. Ora la crisi impone, anche a noi, una scelta radicale. Insomma quella disponibilità, ormai non più solo nostra, a sviluppare partnership con Milano Expo chiede risposte chiare e concrete, in mancanza delle quali, ognuno proseguirà per la sua strada, noi ad occuparci di alimentare il mondo e sviluppare energie rinnovabili, altri a costruire autostrade. E vedremo quanti dei 29 milioni di visitatori verranno a percorrere.

domenica 5 aprile 2009

Le associazioni insistono: siamo noi l'Expo vero

I partiti d'opposizione, con i loro gruppi consigliari, mostrano i primi importanti segnali di interesse per le posizioni espresse dal coordinamento delle associazioni. Il Partito democratico cerca candidati da proporre per il Consiglio d'amministrazione della società che dovrebbe gestire l'Expo: una nomina spetterebbe infatti al Comune, quella lasciata libera dalle dimissioni di Paolo Glisenti. Ma tutti sanno che i partiti di maggioranza hanno deciso, nel "vertice" a casa Berlusconi ad Arcore, che dovrà essere Luigi Stanca, già dirigente IBM, già ministro all'innovazione e attualmente parlamentare di Forza Italia. Giusto però non dare niente per scontato.
I consiglieri Fedrighini (verdi) e Montalbetti (lista Ferrante) hanno invece intrapreso una nuova strada: chiedere al sindaco un "forum civico" con una rosa di personalità delle associazioni cittadine. Botta e risposta sulle pagine milanesi del Corriere della Sera il 26 e il 27 marzo.
Le associazioni apprezzano, ma chiedono una decisione e un riconoscimento istituzionale pieno. Ecco il comunicato stampa:
"Chi verrà nominato a gestire l’Expo 2015 deve rappresentare Milano nel mondo e rispettare il tema centrale contenuto nel dossier della candidatura, “Nutrire il Pianeta, energie per la vita”. Spetta ai consiglieri comunali assumersi la responsabilità di proporre candidature che siano davvero in grado di rappresentare questo spirito. Questa la posizione espressa nell’ultima riunione dell’assemblea delle associazioni e delle ONG.
Con queste ultime nomine, il coordinamento delle associazioni e ONG chiede che venga posto fine al ballo delle poltrone e al blocco delle attività. Si apprezzano le proposte giunte ad esponenti della società civile ma è giusto che nella scelta del rappresentante di Milano nella società dell'Expo sia rispettato lo Statuto del Comune che prevede appunto proposte del Consiglio e nomina del Sindaco.
Le associazione e le ONG di Milano e della Lombardia faranno la propria parte e sono già impegnate concretamente nella realizzazione dell'Expo con decine di proposte e progetti. Ci siamo recentemente costituiti, nel corso della Fiera Fa la cosa Giusta, come parte del "Centro per lo sviluppo sostenibile - Casa delle associazioni", come già accaduto all'Expo di Saragoza. Ora chiediamo a Governo, Comune, Regione, Provincia e Soge una risposta concreta e ci dichiariamo disponibili fin da ora ad un incontro istituzionale col Sindaco, i presidenti ed i consigli elettivi."

Tunnel sotto Milano: un dossier di Legambiente

"Un'infrastruttura inutile e dannosa, che avrebbe come conseguenza l'aumento del flusso di traffico dalle autostrade verso il centro di Milano". Legambiente bolla l'ipotesi, di cui la stampa è tornata a parlare in questi giorni, di costruire un tunnel sotterraneo che colleghi il polo fieristico di Rho-Pero con l'aeroporto di Linate. Così abbiamo scritto, con Di Simine, al Sindaco Letizia Moratti, all'assessore Simini, da cui dipende l'opera per competenza, e gli assessori Masseroli (urbanistica) e Croci (viabilità). Non siamo riusciti ad avere materiale di prima mano: gli assessori temono polemiche. Ma dai dati emersi sulla stampa siamo stati in grado di elaborare un piccolo dossier.
Abbiamo detto che siamo contrari, pur non potendo leggere alcuna documentazione tecnica, ma fidandoci di quanto scritto dai giornali, perché l'ipotesi di tunnel appare in totale controtendenza rispetto alle intenzioni dichiarate dall'attuale amministrazione comunale di investire sulla mobilità sostenibile, andando nella direzione di limitare la circolazione delle auto di proprietà. Non solo questa infrastruttura non ha nulla a che fare con le opere connesse a quelle previste per l'Expo. "In base a quale logica infatti i visitatori che sbarcheranno quotidianamente a Linate – ci chiediamo – si troveranno costretti a noleggiare un'auto o a salire su un taxi, percorrere il tunnel per poi salire su una navetta che li porterà al quartiere espositivo?. Crediamo invece che la soluzione più intelligente per soddisfare il bisogno di mobilità sia a portata di mano: basterebbe potenziare il passante ferroviario che collega Segrate con Rho".

Il costo stimato del tunnel, inoltre, si aggira attorno ai 2 miliardi di euro, di cui 800 milioni proverrebbero da fondi pubblici e i restanti 1,2 miliardi da capitali privati. In base ai calcoli di Legambiente, per rientrare solo degli interessi sull'investimento, i privati dovrebbero far pagare alle auto in transito (secondo il progetto: 8.000 veicoli al giorno) un pedaggio paragonabile a alla cifra che si spende oggi per percorrere lo stesso tragitto in taxi. Quanti automobilisti sceglieranno di pagare una simile cifra e quanti invece preferiranno l'ordinario caos urbano?

La strada da seguire è quella di potenziare i mezzi pubblici e cercare di ottenere lo stesso risultato riducendo il bisogno di automobile nell'attraversamento di Milano da est a ovest. In che modo? Utilizzando la linea S5 del passante ferroviario (Pioltello-Varese), in modo da poterla considerare davvero una linea metropolitana.
Uno scambio ferroviario a Busto Arsizio, infine, potrebbe garantire anche il collegamento tra Linate e Malpensa. Sarebbe sufficiente in questo caso garantire puntualità e interscambio con la linea Malpensa Express.